Vittore il Moro ("della Mauretania") (MauretaniaIII secolo – Lodi Vecchio303), è stato un soldato romano di stanza a Milano all'epoca di Massimiano, che subì il martirio per la fede cristiana come gli altri martiri Nabore e Felice.  

La sua vita e il suo martirio vengono descritti da S. Ambrogio, in particolare nell'inno Victor, Nabor, Felix pii.

Quando Massimiano diede avvio ad una delle ultime persecuzioni, Vittore pur affermando la propria fedeltà all'imperatore per tutto ciò che riguardava la sua vita civile e la disciplina militare, rifiutò di abiurare la propria fede.

Arrestato, minacciato di tortura e lasciato per più giorni privo di cibo e bevande, anche quando fu condotto al Circo, al cospetto dello stesso imperatore Massimiano Erculeo, continuò a rifiutarsi di sacrificare agli idoli, e venne sottoposto ad atroci tormenti (tra l'altro gli fu versato piombo fuso sulle piaghe).

Nonostante ciò, riuscì ad evadere, ma dopo breve tempo venne scoperto, arrestato e decapitato. La tradizione vuole che il suo corpo fosse lasciato insepolto, ma sia stato ritrovato, intatto, dal vescovo di Milano, Materno, che lo seppellì in un sacello che venne poi denominato, per le sue ricche decorazioni a mosaico, San Vittore in Ciel d'Oro (oggi incorporato nella basilica di Sant'Ambrogio).

La Chiesa lo ricorda l'8 maggio.

Il culto di san Vittore ebbe una larga diffusione, soprattutto su impulso di Ambrogio, che volle seppellire accanto a lui il proprio fratello Satiro. Molte chiese furono dedicate a san Vittore a Milano e nella diocesi ambrosiana, a tal punto che la presenza di chiese o edicole a lui dedicate viene considerata una prova dell'appartenenza (oggi o nel passato) di un territorio alla suddetta diocesi (Ubi Victor, ibi ambrosiana ecclesia). Oltre al sopra menzionato sacello di san Vittore in Ciel d'Oro, a Milano vi è anche la chiesa di San Vittore al Corpo, mentre vi erano un tempo le oggi demolite chiese di San Vittore al Carcere, San Vittore al Teatro e di San Vittore al Pozzo.

(fonte Wikipedia)

 

Monsignor Provasi ha da qualche anno eletto a patrono degli alabardieri San Vittore. Questo soldato dell’Africa romana, martirizzato a Lodi a causa della sua fede cristiana e il cui culto fu iniziato da sant’Ambrogio, ci ricorda quel lato militare che oggi abbiamo ormai perduto (ammesso che l'abbiamo mai avuto, la storia non è chiara su questo aspetto). Resta però certamente il tema della difesa della Chiesa, come recita il nostro motto, con l'arma della fede di cui l’alabarda vuole oggi essere il simbolo.

 

"L’8 di maggio per gli Alabardieri del Duomo di Monza è una giornata importante, quella del Santo Patrono: San Vittore il Moro.

Questo soldato dell’Africa romana, martirizzato a Lodi a causa della sua fede cristiana e il cui culto fu iniziato da sant’Ambrogio, ci ricorda quel lato militare a difesa della Chiesa, come recita il nostro motto, con l'arma della fede di cui l’alabarda vuole oggi essere il simbolo.
Vittore viene dalla Mauritania ed è stato un soldato romano dell’esercito imperiale di Massimiano di stanza a Milano. Siamo a cavallo tra il III e il IV secolo.
Il Santo viene arrestato per la sua obiezione di coscienza. Subisce torture terribili, che il Signore lo aiuta a sopportare privandolo del dolore.
Un giorno, approfittando della distrazione del suo carceriere, Vittore riesce a evadere e a rifugiarsi in una stalla nei pressi dell’attuale zona di Porta Vercellina. Ma la sua fuga non dura molto: una volta scoperto viene portato dai soldati in un bosco e decapitato. Secondo la tradizione il suo corpo insepolto e incorrotto, vegliato da due nobili fiere, viene ritrovato dal vescovo San Materno che gli darà degna sepoltura.
Nel sottarco di accesso alla Cappella di Teodolinda è presente una straordinaria pittura murale raffigurante il Santo di Antonio da Monteregale.

San Vittore è presente nello stendardo degli Alabardieri."

(Giuseppe Meliti, Alabardiere)